Caso clinico da Cagliari - Scompenso cardiaco e decisioni critiche

30/12/2024 & C.A. Usai
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Benvenuti al nostro podcast FADOI. Oggi vi raccontiamo un caso clinico reale accaduto a Cagliari, che solleva un importante quesito decisionale in medicina interna. Un uomo di 78 anni, affetto da scompenso cardiaco con frazione d’eiezione ridotta, è stato ricoverato nel reparto di medicina interna. Il caso è raccontato dal nostro collega, con un focus su una decisione clinica chiave che invitiamo voi ascoltatori a riflettere e commentare.


Racconto del caso
Un uomo di 78 anni è stato ricoverato presso il reparto di medicina interna con una diagnosi di scompenso cardiaco acuto con frazione d’eiezione ridotta (HFrEF). Al momento del ricovero, il paziente presentava dispnea marcata a riposo, edema periferico significativo e versamento pleurico bilaterale di modesta entità.

La storia clinica del paziente includeva:

  • Ipertensione arteriosa da lungo tempo.
  • Diabete mellito di tipo 2 in terapia orale.
  • Precedente infarto miocardico trattato con angioplastica.
  • Insufficienza renale cronica moderata (eGFR 45 ml/min).

L'ECG mostrava fibrillazione atriale a risposta ventricolare rapida (circa 120 bpm). Gli esami ematici hanno rivelato:

  • BNP marcatamente elevato.
  • Creatinina 2.1 mg/dl.
  • Potassio 5.2 mEq/L.

Il trattamento iniziale ha incluso:

  • Diuretici per via endovenosa (furosemide).
  • Ossigenoterapia a basso flusso.
  • Inizio di beta-bloccanti (carvedilolo a bassa dose) e ACE-inibitori.

Dopo 48 ore, la situazione è migliorata, ma permaneva una fibrillazione atriale a elevata frequenza. A questo punto, il team si è trovato davanti a un'importante decisione: iniziare una terapia anticoagulante orale, tenendo conto del rischio tromboembolico (CHA2DS2-VASc = 6) o evitare l'anticoagulazione a causa del rischio emorragico elevato (HAS-BLED = 4)?


Quesito clinico

In un paziente con scompenso cardiaco acuto, fibrillazione atriale e comorbilità significative, è opportuno avviare una terapia anticoagulante orale per la prevenzione del rischio tromboembolico, nonostante il rischio emorragico elevato?